domenica 4 ottobre 2015

Nosferatu il vampiro (1922)






“Il giovane agente immobiliare Hutter viene inviato in Transilvania per un concludere una compravendita con il misterioso Conte Orlok, intenzionato a prendere casa nella piccola cittadina di Wisborg. Giunto sul posto, Hutter viene a conoscenza delle superstizioni che aleggiano intorno al castello del Conte e che riguardano in particolare Nosferatu, un vampiro che si nutre di sangue umano”. 


Abbiamo già parlato di quanto la sfortuna si sia abbattuta sull’eredità cinematografica di Murnau. La sorte però, tra gli altri, ha risparmiato Nosferatu, un capolavoro assoluto del cinema e (ovviamente) un pilastro fondamentale nella storia del genere horror. E’ noto infatti come un tribunale ordinò la distruzione di tutte le copie esistenti del film, illegalmente tratto dal Dracula di Bram Stoker. Non bastò a Murnau cambiare titolo, modificare nomi dei personaggi e dei luoghi e apportare qualche piccola sostanziale modifica al finale, per evitare la condanna di plagio per violazione dei diritti d’autore. Lo stesso regista riuscì però a sottrarre al rogo un’unica copia che ne evitò l’oblio, permettendone la sopravvivenza sino ai giorni nostri. Sul sottotesto dell’opera e le sue possibili interpretazioni si sono scomodate psicologia e sociologia, riempiendo pagine di tesi e saggi; non è questa la sede per approfondire queste elucubrazioni, né ci sarebbe lo spazio per farlo. Mi interessa invece, porre l’attenzione sul conflitto luce-oscurità che qui si risolve non tanto nella contrapposizione tra Bene e Male, come nel romanzo di Stoker, quanto nel passaggio in una dimensione buia, terribile, ma anche irresistibile e inaspettatamente seducente. Basti pensare alle pulsioni voluttuose di Ellen che subisce il “fascino” di Orlok, ancor prima di incontrarlo, quando ancora egli si trova sui Carpazi. L’unica possibilità di salvezza è il sacrificio, consistente nell’abbandonarsi proprio all’oscurità, cedere al non-morto per far sì che venga distrutto dalla luce del sole. E qui si chiude il cerchio.
Murnau è bravissimo a ricreare su pellicola questo conflitto attraverso scene stampate in negativo, alternarsi di giorno e notte, soffermandosi su paesaggi crepuscolari e creando un’atmosfera onirica, sempre più da incubo man mano che la storia procede verso la sua conclusione. Fondamentale si rivela anche il gioco di ombre, nella celeberrima sequenza, fonte imperitura di imitazioni e parodie, della minacciosa intrusione del vampiro nella casa di Hutter; sequenza che si conclude con la proiezione della mano di Orlok sul petto di Ellen in un afflato quasi erotico. Il vero assoluto protagonista è proprio lui, Nosferatu, divenuto in brevissimo tempo un’icona, un mito acquisito dalla cultura popolare e dall’immaginario collettivo. Le orecchie a punta a contorno di una testa spigolosa, quasi da topo, gli incisivi ultra sviluppati (non i canini come nella classica tradizione vampirica), la postura ingessata, quasi goffa potrebbero forse strappare un sorriso. Ma quelle mani artigliate, lo sguardo allucinato, ipnotico, l’andatura “levitante” (un espediente tanto semplice, quanto efficace, usato ancora oggi), la sua ombra, rimangono inquietanti anche per lo spettatore moderno. La scena in cui Orlok è chino sul collo di Ellen è poi autenticamente terrorizzante. Dietro il trucco del Nosferatu c’era il caratterista, noto soprattutto come autore di teatro, Max Schreck, il cui nome, probabilmente non a caso, è letteralmente traducibile con “spavento” e che leggenda vorrebbe essere addirittura un vero vampiro; leggenda che ha ispirato anche un film del 2000, L’ombra del Vampiro di Elias Merhige con John Malkovich e Willem Dafoe. I personaggi interpretati dagli altri attori finiscono con il rimanere in secondo piano, funzionali alla storia, ma quasi tutti succubi del magnetismo del Conte. La figura di Van Helsing/Bulwer è infatti nettamente ridimensionata rispetto al romanzo e a tutte le successive incarnazioni cinematografiche di Dracula, ma per come lo sceneggiatore Henrik Galeen ha orchestrato la trama, affidando l’onere suicida di uccidere il vampiro alla compagna di Hutter, non se ne sente la mancanza. La regia di Murnau è innovativa, virtuosistica, con soluzioni originali come ad esempio le sequenze “accelerate” e una cura eccezionale, tanto nelle riprese in interno quanto in esterna, in particolare nel creare l’atmosfera del castello di Orlok, non maestoso come in successive produzioni ma anzi desolatamente spettrale. Capolavoro senza tempo.


 Reperibilità: C’è l’imbarazzo della scelta, anche a prezzi modici. L’offerta più completa è quella dell’inglese Eureka: blue-ray o doppio DVD, ma è senza sottotitoli in italiano; se non ne potete fare a meno potete ripiegare sull’edizione Ermitage.

Titolo: Nosferatu eine Symphonie des Grauens 
Produzione: Germania (1922), b/n, muto, 94 minuti 
Regia: F.W. Murnau
Cast: Max Schreck, Gustav Von Wangenheim, Greta Schroder, Alexander Granach

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