domenica 17 aprile 2016

Faust (1926)



Il demone Mefisto scommette con l’Arcangelo Gabriele di riuscire a corrompere l’anima del dottor Faust, un vecchio alchimista, per rivelare la vera natura dell’uomo; in cambio otterrà il dominio sulla Terra. Mefisto scatena un’epidemia di peste nel villaggio di Faust, che accetta, in prova, il patto con il diavolo, dapprima con l’intento di debellare la malattia e poi per la tentazione della giovinezza e dei piaceri che questa porta con sé, che l’alchimista non ha mai provato. Faust finisce così per cedere definitivamente la sua anima a Mefisto, ma il suo amore per la bella e giovane Gretchen complicherà le cose.

Il mito del Faust affonda le sue origini nel XVI secolo. Una leggenda tedesca narra di uno studioso di scienze naturali (che pare essere storicamente esistito), che strinse un patto con il Maligno, cedendogli l’anima in cambio della possibilità di arricchire la sua inarrestabile sete di conoscenza. La storia parte da un libro scritto, con chiari intenti moralizzanti, da Johann Spies, a fine ‘500, viaggia poi, tra racconti, romanzi e rappresentazioni teatrali, lungo tutta l’Europa, arricchendosi di numerose varianti. Ce ne parla tra i primi il drammaturgo inglese Christopher Marlowe, ma è con J.W.Goethe che la leggenda raggiunge la sua più grande popolarità,  grazie alla dimensione romantica in cui la immerge lo scrittore tedesco, che, per la prima volta, ne crea una versione a lieto fine. Un mito di tale importanza, sul cui sfondo si staglia l’eterna lotta tra il Bene e il Male, non poteva ovviamente restare indifferente al mondo del cinema: ci pensò già “papà” Méliès nel 1903 a cui seguirono, negli anni successivi, alcuni cortometraggi omonimi. Debiti evidenti se ne rintracciano, poi, nelle 2 versioni dello Studente di Praga di cui abbiamo già parlato. E’ però Murnau a realizzarne nel 1926 una versione, per così dire, “definitiva”.
Il Faust fu, tra l’altro, l’ultimo film che Murnau girò nella sua terra natale, prima di trasferirsi a Hollywood. Quello che impressiona maggiormente della sua trasposizione, al di là delle evidenti implicazioni socio-morali, in qualche modo anticipatorie del futuro avvento del Nazismo, è lo stupefacente e massiccio utilizzo di effetti speciali, che il cineasta tedesco dimostra di saper padroneggiare con la consueta maestria. In particolare è la prima parte della pellicola a lasciare a bocca aperta, dall’avvento dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse fino alla figura nera  e gigantesca di Mefisto che domina minacciosa, dispiegando le sue ali nere sul piccolo villaggio, prima di scatenarvi l’epidemia pestilenziale; ma anche il resto del film non si risparmia, tra continue innovazioni e sperimentazioni, impreziosite dalla straordinaria fotografia di Carl Hoffman (che sostituì il designato Karl Freund), sino allo struggente ed epico finale, che rimanda da vicino a quello della Passione di Giovanna d’Arco che C.T. Dreyer girerà pochi anni dopo. Impressionanti i giochi di luce e ombra che simboleggiano anche lo scontro tra Spirito e Materia, Bene e Male, Amore (che tutto vince) e Morte. Come sempre ottime le scenografie anche se qui l’espressionismo è ormai diluito e virato prepotentemente al realismo. Vero mattatore è Mefisto, interpretato da un gigioneggiante Emil Jannings, divenuto all’epoca attore “feticcio” di Murnau; il demone mette davvero lo zampino in ogni cosa, tentando, spaventando e uccidendo, ma all’occorrenza anche divertendo, con alcuni siparietti che stemperano la crudezza della seconda parte della vicenda. Quest’ultima si svolge, in inverno, sotto la neve che cade incessante e vede la povera Gretchen (a cui presta il volto la bellissima e brava Camilla Horn), ormai abbandonata da tutti e costretta a vivere, da reietta, all’addiaccio, perdere il proprio figlio, nato dal tragico rapporto con Faust, a causa della morsa del gelo; inoltre, al culmine di una spirale di crudeltà umana che non ha eguali forse neppure nel Diavolo, viene pure accusata e condannata a morte per infanticidio.

Un’opera maestosa, sconvolgente ma anche commovente, tra le migliori tra quelle (purtroppo poche) sopravvissute della cinematografia di Murnau.


Reperibilità: Più che buona. Esistono svariate edizioni in DVD/Blue Ray, non ultima una deluxe a doppio disco della Kino, a prezzo accessibile. In rete si trova anche una versione con didascalie in italiano, ma non mi pare sia attualmente in commercio. E’ liberamente visionabile su Youtube

Titolo: Faust- Eine deutsche Volssage
Produzione: Germania (1926), b/n, muto, 116 minuti
Regia: F.W. Murnau
Cast: Emil Jannings, Gosta Ekman, Camilla Horn, Frida Richard

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