lunedì 4 aprile 2016

Maciste all'Inferno (1925)




Il Re dell’Inferno invia il demone Barbariccia sulla Terra per cercare di procacciare anime e portare Maciste nell’Aldilà. Il piano fallisce, ma dopo varie peripezie l’eroe cade ugualmente in una trappola dell’astuto Barbariccia. Giunto all’Inferno, si scaglia contro le legioni demoniache finendo però prigioniero e  vittima, nonostante i ripetuti avvertimenti, della maledizione di un bacio che trasformerà anche lui in un diavolo.

Il personaggio di Maciste nasce cinematograficamente nel 1914 con Cabiria, considerato il più grande kolossal della storia del cinema muto italiano. Il successo ottenuto spinge alcuni produttori a realizzare una vera e propria saga, nel corso della quale Maciste, sempre interpretato dal possente Bartolomeo Pagano, dismessi i panni di eroe mitologico, affronta una serie di improbabili avventure non più ambientate nell’antichità, ma nel XX secolo. Arrivano così in sala titoli che oggi, nella migliore delle ipotesi, fanno sorridere; tra i tanti, ricordiamo Maciste Bersagliere, Maciste Alpino, Maciste Poliziotto e persino Maciste Medium, per un totale di quasi 30 film. Il successo all’epoca fu comunque grande, tanto che attore e personaggio divennero uno dei simboli del regime fascista, anche se Pagano, uomo semplice e di umili origini, non era certo interessato a questioni politiche. Maciste all’inferno si colloca in questo contesto storico, presentandosi come uno degli ultimi capitoli della saga che un anno dopo avrebbe chiuso i battenti a causa della crisi dell’industria cinematografica italiana e delle condizioni di salute dello stesso Pagano. 
La sceneggiatura è un guazzabuglio di elementi e suggestioni, che alterna, senza soluzione di continuità, grottesco e sentimentale, comico e drammatico, passando dall’epico al patetico (il finale, con Maciste salvato la notte di Natale dalla preghierina di un bambino); quasi ridicolo, poi, il povero eroe che in abiti borghesi affronta, spaesato, le orde infernali, per non parlare della sua trasmutazione in demone. Il film, però, si fregia di un notevole fascino proprio nella rappresentazione dell’Inferno, che invero poco ha di quello dantesco-letterario, citato esplicitamente nell’incipit, rifacendosi maggiormente a quello cinematografico sperimentato quasi 15 anni prima da Giuseppe De Liguoro che a sua volta si era ispirato (come abbiamo già avuto modo di dire in sede di recensione) alle illustrazioni di Gustave Doré. In questo caso la fanno da padrone le scenografie realizzate da Giulio Lombardozzi, che ricreò antri e bolge nella suggestiva Valle dello Stura, e gli effetti speciali di Segundo de Chomon, in alcuni casi davvero strabilianti (mi piace ricordare il piccolo demone che gioca a palla con la sua stessa testa). Di notevole impatto anche le presenze femminili in abiti discinti (e in alcuni fotogrammi osè ben poco vestite), che provocarono diversi problemi con la censura che rilasciò il visto per la distribuzione in sala solo nella primavera del 1926, anche se il film in realtà era già stato proiettato in versione integrale quasi un anno prima durante un concorso cinematografico tenutosi alla Fiera di Milano.
Tecnicamente valido e visivamente interessante (da ricordare anche la pregevole fotografia), ma la trama è un pastiche non molto digeribile.
Curiosità: L’opera è ricordata anche per aver appassionato Federico Fellini, che lo definì come la prima che ricordasse di aver visto su grande schermo da bambino. Il personaggio di Maciste venne riportato in auge negli anni 60 con una nuova serie di titoli di genere peplum, tra cui un omonimo Maciste all’Inferno diretto dal grande Riccardo Freda.

Reperibilità: Non facilissimo da reperire se non nella release americana. Nel 2009 ne è stata realizzata una versione restaurata dalla Cineteca del Comune di Bologna in collaborazione col Museo Nazionale del cinema di Torino, ma al momento non mi risulta commercializzata. Su Youtube sono visionabili alcune scene.

Titolo: Maciste all’inferno
Produzione: Italia (1925), b/n, muto, 66 minuti (100 la versione restaurata, 135 quella pre-censura)
Regia: Guido Brignone
Cast: Bartolomeo Pagano, Elena Sangro, Umberto Guarracino, Pauline Polaire


 

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