martedì 18 ottobre 2016

(Dossier) Gli altri film del 1930



Allacciamo le cinture e partiamo per un nuovo viaggio tra gli altri film dell’annata. Questa volta tocca all’interlocutorio e poco prolifico 1930, che precede invece uno degli anni più importanti nella storia del cinema horror. Dopo The Bat Whispers, cominciamo parlando di un altro remake, The Cat Creeps, rifacimento sonoro de Il Castello degli Spettri di Paul Leni, nel frattempo passato purtroppo a miglior vita. L’operazione, sempre patrocinata da Universal, vide quindi una sostituzione in cabina di regia, con il duo formato da Rupert Julian (già autore dell’ottimo Fantasma dell’opera) e John Willard. Anche in questo caso plot identico e cast completamente rinnovato, ma del film non sappiamo altro perché purtroppo perduto, salvo qualche clip successivamente implementata nel cortometraggio Boo (1932) sempre prodotto da Universal Picture. 
Persa è anche La Voluntad del Muerto, versione in lingua spagnola del remake, con relativo cast ad hoc e condivisione degli stessi set, diretta da George Melford; Melford divenne specialista di questo tipo di operazioni multi-produzione di film in lingua straniera che erano in voga a Hollywood in quegli anni per favorirne la distribuzione anche in paesi non anglosassoni (ne parleremo a proposito di Dracula). 
Ci spostiamo ora in Europa, precisamente in Germania, per parlare sempre di un remake, Alraune-La Figlia del Male (Alraune), rifacimento sonoro di La Mandragora, ad opera dell’attivissimo Richard Oswald che ripropone l’affascinante Brigitte Helm come protagonista, ma perde il grande Paul Wegener (rimpiazzato comunque degnamente dal bravo Albert Basserman) come antagonista nei panni del cinico professor Ten Brinken. La trama si discosta in parte dall’originale girato da Henrik Galeen, spingendo maggiormente sulla sensualità di Alraune, ragazza nata da un antesignano esperimento genetico e sulle sue capacità seduttive nei confronti degli uomini, trattati alla stregua di giocattoli; vendetta spietata e tragico finale non bastano però ad annoverarlo tra i titoli genuinamente horror. 
Concludiamo questa brevissima carrellata parlando di un altro film perduto, di cui restano solo alcuni screenshot e il materiale pubblicitario, che potrebbe essere considerato il primo rudimentale esempio di mockumentary. Si tratta di Ingagi, diretto dall’americano William Campbell che lo presentò al cinema come un vero e proprio documentario in cui un gruppo di esploratori britannici, guidati da tal Sir Hubert Winstead (mai esistito), si inoltrava in una foresta del Congo per incontrare una tribù di selvaggi dedita a sacrificare giovani donne a un gruppo di gorilla. In realtà il film era stato girato a Los Angeles, in parte in studio, in parte allo zoo della città, usando attori afroamericani e integrandovi, abusivamente, parti di un vero documentario girato anni prima. Quando la verità venne alla luce, grazie a uno spettatore che riconobbe un’attrice di sua conoscenza tra i presunti indigeni e a un detective privato che scoprì il resto della “truffa”, i produttori furono costretti a risarcire gli autori del documentario originale. Ingagi riscosse comunque un buon successo, anche dopo la scoperta della sua non autenticità, grazie soprattutto a una veemente campagna pubblicitaria e allo scalpore suscitato da una sequenza in cui una vergine seminuda veniva sacrificata a un gorilla. Proprio questa scena, unitamente a una reclame che prometteva nudità, violenza, lasciando intendere anche che l’offerta delle donne ai giganteschi primati (rigorosamente falsi) avesse implicazioni sessuali, fanno di Ingagi anche uno dei primi esempi di film d’exploitation. Sono moltissimi, inoltre, a vederci un’evidente fonte di ispirazione per il successivo e ben più noto King Kong. Nel 1940 venne  realizzato una pellicola dal titolo Son of Ingagi, reputata erroneamente un sequel e che in realtà non ha alcun legame con il finto documentario di Campbell.

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