martedì 11 ottobre 2016

La Scala di Satana (1929)



James Kirkham, un giovane benestante, sogna di diventare esploratore e di compiere una spedizione in Africa, malgrado i tentativi di suo zio Joe di dissuaderlo. Prima di partire, però, la fidanzata Eve chiede il suo aiuto per sventare un tentativo di furto da parte di un ospite di suo padre. Dopo essere venuti a contatto con il presunto sospettato nel corso di una festa in cui si scatena il panico, i due vengono sequestrati e portati in una misteriosa villa dove accadono cose strane e incontrano personaggi inquietanti al servizio di un certo Satana.

Oggi come ieri l’interesse dei produttori americani per i talenti d’oltreoceano è rimasto immutato. Già negli anni venti, infatti, i registi europei reputati più interessanti venivano convinti, a suon di dollari, a trasferirsi a Hollywood. Ciò comportava spesso, e lo comporta spessissimo ancora ai giorni nostri, per coloro che accettavano, notevoli limitazioni alla libertà creativa. Non tutti scelsero di scendere a compromessi per incontrare i gusti, generalmente più commerciali e meno artistici, del pubblico statunitense. Sicuramente non vi riuscì il danese Benjamin Christensen che, seguendo le orme dei suoi illustri colleghi tedeschi, attraversò l’Atlantico con il biglietto da visita del suo capolavoro La stregoneria attraverso i secoli, per firmare un contratto con la MgM. Eppure inizialmente le cose si misero bene per lui, con il buon successo d’esordio del drammatico The Devil’s Circus. I successivi lavori però si rivelarono dei flop, oltre ad incorrere in notevoli difficoltà produttive (ne accenneremo nel prossimo dossier sugli altri film del 1929). Fu così che Christensen, liberatosi dai precedenti impegni contrattuali, firmò per la Warner Bros, intenzionata a cavalcare il successo del filone più in voga al momento, quello delle “old dark house” di produzione Universal, di cui abbiamo già parlato commentando i film di Roland West e Paul Leni. Il cineasta danese realizzò così una trilogia sul tema, iniziata nel 1928 con The Haunted House e conclusa l’anno successivo con House of Horror, di cui l’unico capitolo sopravvissuto fino ad oggi è appunto il secondo, La scala di Satana
Il film, tratto da un romanzo di Abraham Merritt, venne distribuito, come si soleva fare in quel periodo di transizione, in due versioni: una sonora e una muta. Solo quest’ultima è sopravvissuta sino ai giorni nostri. Nonostante Christensen fosse vincolato alla combinazione mistery/comedy/horror già sperimentata con successo da Leni e West, la sua impronta sulla sceneggiatura (a cui collaborò anche Cornell Woolrich) è tangibile e il risultato è evidentemente più improntato al grottesco rispetto a quello delle altre pellicole dello stesso genere. Nella villa in cui è ambientata la vicenda vediamo così aggirarsi una serie di personaggi stranissimi e inquietanti che potrebbero aver fatto la felicità di David Lynch (se ve lo state chiedendo, sì, c’è anche un nano) se il creatore di Twin Peaks ha avuto modo di visionarlo. Certo è che i protagonisti sembrano quasi finire in un’altra dimensione che, considerata la location e ciò che vi accade, qualche somiglianza con la Loggia Nera ce l’ha; anche se poi il finale, cercando di mettere forzatamente insieme i pezzi del puzzle, ricorda più (occhio allo spoiler) The Game di David Fincher. Tra le figure più interessanti che si alternano sullo schermo, meritano di essere citate “The spider”, ovvero il terribile uomo con le stampelle e, per tutt’altro motivo, l’amante di Satana, interpretata dalla seducente (ma poco nota) Winter Blossom. Il protagonista Creighton Hale convince a metà; si portava dietro, come una tassa, il personaggio del timido, impacciato e fifone Paul de Il Castello degli Spettri e, infatti, se la cava meno nelle sequenze in cui il suo James Kirkham è chiamato a tirare fuori gli attributi. Tra le scene da ricordare, la mia preferita è quella che dà il titolo (originale) al film, con la scelta dei gradini da salire, accompagnata dal tabellone in stile quiz televisivo. La critica dell’epoca non apprezzò l’opera, condannandola a un immeritato prematuro oblio che la recente riscoperta non ha del tutto dissipato. Merita invece di essere riscoperta, se pur lontanissima dall’originalità e dalla modernità della Stregoneria attraverso i secoli.
Curiosità: Il film è noto in Italia anche con il titolo Sette passi verso Satana. E’ considerato l’ultimo horror muto prodotto.

Reperibilità: Scarsa. E’ visionabile su Youtube (cercatelo con il titolo originale) con qualità video piuttosto scadente. Nel 2011 la Fondazione Cineteca Italiana ne ha presentato la versione restaurata, che però al momento non risulta commercializzata.

Titolo: Seven Footprints to Satan
Produzione: USA(1929), b/n, muto, 77 minuti
Regia: Benjamin Christensen
Cast: Creighton Hale, Thelma Todd, Sheldon Lewis, William W.Mong
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