domenica 6 settembre 2015

Il Golem - Come venne al mondo (1920)



“Praga, XVI secolo. Il rabbino Low, consultando le stelle, prevede un’imminente, terribile, sventura per la comunità ebraica della zona. I suoi timori sembrano trovare conferma poco tempo dopo quando viene emanato un editto imperiale che ingiunge ai giudei di lasciare la città entro un mese. Per salvare il suo popolo e far cambiare idea all’imperatore intrattenendolo con magiche meraviglie, il rabbino inizia a costruire il Golem, una creatura d’argilla a cui dona la vita per mezzo di un rituale esoterico. Il tentativo di Low va a buon fine, ma per una serie di sfortunate coincidenze il Golem diverrà incontrollabile, portando morte e distruzione nel ghetto”

Avevamo già avuto modo di parlare (qui) dell’ideale trilogia dedicata al Golem, immaginario essere della tradizione popolare ebraica, che Paul Wegener aveva voluto fortemente. Il film in esame, l’unico della saga sopravvissuto intregro sino ai giorni nostri, si pone come prequel ai fatti narrati nei precedenti episodi che erano ambientati nel(l’allora) presente e si rifacevano liberamente (il primo in particolare) al quasi contemporaneo omonimo romanzo di Gustav Meyrink.
Questo terzo capitolo attinge invece direttamente alla leggenda della nascita del Golem nel XVI secolo a cui lo stesso Meyrink si ispirò per la sua opera letteraria. Ancora una volta, come nel suo lungometraggio d’esordio Lo Studente di Praga, Wegener è totalmente coinvolto nel progetto: co-dirige a quattro mani con Carl Boese, mette lo zampino anche nella sceneggiatura, vuole ancora una volta nel cast la compagna Lyda Salmonova e soprattutto veste i panni dell’imponente uomo d’argilla, un ruolo che gli rimarrà appiccicato addosso, una fortunata immedesimazione che rappresenterà però anche un limite per la sua carriera. Altro elemento di continuità è dato dall’ambientazione praghese che, rinunciando ad ogni pretesa di realismo, si abbandona alla sempre suggestiva estetica espressionista grazie alle scenografie affidate all’architetto Hans Poelzig; questi crea una cittadella ebrea quasi da fiaba, con forme meno esasperate rispetto a quelle dei film di Wiene, ma composta da vicoli, piazze, case sghembe con finestre asimettriche che evocano un’atmosfera irreale, atta a fare da sfondo agli straordinari accadimenti che vi avverranno. Peculiare anche l’interno della casa del rabbino Low, dai sotterranei in cui viene pian piano plasmato il Golem, fino ai piani superiori, di forme quasi “organiche” e a cui si accede per mezzo di una bizzara scala a chiocciola, con annesso osservatorio astronomico. La prima parte della pellicola è invero meno interessante, anche se propedeutica a introdurre la leggenda e a suggerire i potenziali rischi connessi alla creazione dell’automa d’argilla. Il film entra nel vivo con quella che è senza dubbio la scena più potente, nonché sorprendente considerati i mezzi tecnici dell’epoca, ovvero l’evocazione del demone Astaroth attraverso un rito magico in cui vennero utilizzati, come effetti speciali, anche prodotti chimici, oltre alle più consuete sovraimpressioni. Successivamente c’è una manciata di sequenze in cui il confine con il ridicolo involontario è davvero sottile (mi riferisco a quelle che vedono il Golem utilizzato come tuttofare, persino come fattorino per fare la spesa!), ma sono pochi minuti che non fanno danni, anzi fanno da preludio alla seconda parte dove il ritmo diventa maggiormente sostenuto.
Qui si rivela l’importanza seminale del film con idee di cui il cinema americano, in prima linea James Whale con il suo Frankenstein del 1931, saprà fare tesoro: l’andatura goffa e il lento incedere del mostro, il rogo finale, la scena con la bambina, la sofferenza della creatura per la propria condizione che suscita pietà al di là della paura. Non è il Golem, infatti, ma la grettezza dell’animo umano, incarnata dalla gelosia del servitore del tempio quando scopre che la figlia del rabbino è stata deflorata dal Conte Floriano (passatemi l’imperdonabile gioco di parole!), a causare il precipitare degli eventi. Non a caso solo la purezza di spirito di una bimba può mettere fine alla ribellione della creatura, come puntualmente avviene nello struggente finale.
Fondamentale.

Reperibilità: Conosciuto anche con il sottotitolo, L’uomo d’argilla, è facilmente reperibile su Youtube con intertitoli in italiano. In commercio ci sono diverse edizioni import a prezzi accessibili.

Titolo: Der Golem, wie er in die Welt kam
Produzione: Germania (1920), b/n, muto, 91 minuti
Regia: Carl Boese, Paul Wegener
Cast: Paul Wegener, Albert Steinruck, Lyda Salmonova, Max Kronert


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